Il conflitto israelo-palestinese: vecchi e nuovi modelli di colonialismo, postcolonialismo e neocolonialismo

di Pina Sodano

Il conflitto israelo-palestinese non può essere circoscritto nel ristretto ambito geopolitico del solo Mediterraneo orientale, se non compromettendone la complessità fino a considerarlo, in modo eccessivamente semplicistico, soltanto uno scontro militare tra un regime democratico e uno invece terroristico. Lo sforzo necessario che con questo saggio si vuole sviluppare riguarda, invece, la messa in discussione di approcci standardizzati e interpretazioni stereotipate, per mezzo di un’indagate storico-sociologica sviluppata finalizzata a comprendere l’origine, l’evoluzione e i paradossi di questo conflitto, attraverso l’ausilio di alcune teorie fondamentali relative al neocolonialismo, al postcolonialismo e alla necropolitica. Questa impostazione deriva anche da quanto stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia relativamente all’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e considerata illegale nonché espressione della sua politica dell’apartheid. Ne deriva una netta frattura in seno ad entrambe le popolazioni. La maggioranza della società ebraica, infatti, traumatizzata dall’attentato terroristico di Hamas compiuto il 7 ottobre del 2023, come analizzato nel saggio, oscilla tra il desiderio di reagire militarmente contro la popolazione palestinese, sia pure a fronte di importanti fratture dentro di essa, e la paura per il futuro dello stesso Stato di Israele. La popolazione palestinese, invece, vive un calvario quotidiano che produce una diaspora continua e tragedie in termini di civili deceduti che rischia di produrre un allargamento del conflitto con conseguenze che potrebbero essere deflagranti per l’intero Medioriente.

Resta la certezza che i fatti politici e militari che continuano a succedersi nell’area analizzata segnano una delle tragedie più complesse, drammatiche e persistenti del pianeta. È in questa direzione che si tenterà, con radicale cautela, di proporre una possibile piattaforma teorica sulla quale sviluppare un metodo e un obiettivo finalizzati all’affermazione di una solida pace e reciproco riconoscimento tra lo Stato di Israele e la Palestina, rinvenibile nella proposta teorica e metodologica di Patočka della “solidarietà dei trepidi”.


Abstract

This essay intends to present a critical reflection on the Israeli-Palestinian conflict, going beyond its circumscription and temporality to the terrorist attack of 7th October by Hamas and Israel’s related military reaction. This allows us to understand, in summary, the complexity of the conflict, its articulation and drama, to the point of making it, as the prevailing thesis of the essay, a sophisticated laboratory of contemporary modernity. The policies and related strategies that have, in fact, characterised relations between Israel and Palestine for some 75 years, starting with those of Israeli colonisation and Palestinian resistance and decolonisation, including the constant terrorist attacks on Israelis and the latter’s political and military reactions aimed at striking at the population of Palestine. These undermine the classical categories of colonialism and post-colonialism, re-proposing in a modern key a neo-colonialist post-colonialism that expresses itself through sophisticated and vicarious forms of dehumanisation. This includes the annihilation of the other, understood as a subject who does not conform to the established order and hierarchies of contemporary capitalism. The essay concludes with a reflection on the possibility, echoing the reflections of Jan Patocka and his concept of ‘solidarity of the tremblers’, of initiating a new form of peacemaking through the protagonism of the survivors on both sides, even before the respective ruling classes or the international community.

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