Massimo Donini, Populismo e ragione pubblica, Mucchi editore, Modena, 2019, pp. 77

di Gabriele Maestri

Tra i termini più utilizzati nel discorso pubblico e politico più recente si può di certo annoverare «populismo», sebbene tale parola – a dispetto di ciò che i più credono – abbia una storia per nulla recente: il Grande dizionario italiano dell’uso curato da Tullio De Mauro indica il 1921, sebbene per il significato storico di «movimento politico e culturale sorto in Russia nel XIX sec., precedente al diffondersi del marxismo, che teorizzava il dovere degli intellettuali di porsi al
servizio del popolo attraverso l’attività di propaganda rivoluzionaria volta a ottenere un miglioramento delle condizioni delle classi più povere» (significato per il quale risale al 1919 la prima attestazione di «populista»); solo in seconda battuta si trova l’accezione politicamente connotata, estensiva e spregiativa di «atteggiamento politico di esaltazione velleitaria e demagogica dei ceti più poveri», nonché quella artistico‐letteraria (ugualmente però da considerare) di «rappresentazione idealizzata del popolo in quanto considerato come depositario di valori etici e sociali».

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