Living together. Considerazioni oltre la querelle del burkini

di Maria Luisa Maniscalco

L’estate appena trascorsa è stata movimentata per alcune settimane da un acceso dibattito sul burkini, il capo di abbigliamento ideato nel 2004 dalla stilista australiana Ahiida Zanetti, che vuole essere il costume “islamicamente corretto” per le donne musulmane che intendono fare il bagno in mare e in piscina. Persino le Nazioni Unite hanno ritenuto opportuno esprimersi in argomento con un comunicato dell’Alto Commissario per i diritti umani.

Non solo l’interdizione ma anche i contenuti delle ordinanze hanno fatto discutere; infatti il divieto, pur presentandosi come misura di mero ordine amministrativo, faceva un esplicito riferimento ad un universo di valori, quali quelli dei buoni costumi e della laicità repubblicana e alle norme di igiene. Il divieto e le relative sanzioni (pecuniarie) sono stati motivati anche come esigenze di ordine pubblico e considerati misure preventive per evitare contestazioni e scontri, in considerazione del clima un po’ teso ormai diffuso in tutto il paese. Il caso del sindaco di Sisco in Corsica è emblematico per quest’ultimo aspetto; a suo dire l’ordinanza è stata emessa, come strumento di tutela di persone e beni, a seguito di violenze in spiaggia tra una famiglia magrebina e alcuni giovani locali.

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