Libertà politiche, ordine pubblico e human rights nella crisi globale: il “diritto alla protesta” nel caso “Occupy London” davanti alle corti britanniche

di Gaetano Marzulli

Il 18 gennaio 2012 la Queen’s Bench Division della High Court of Justice del Regno Unito si è pronunciata nel caso City of London v Samede and Others, emettendo una sentenza attesa per via delle implicazioni politiche e sociali sottese alla disputa giudiziaria. La sentenza è stata successivamente confermata dalla England and Wales Court of Appeal (Civil Division), con una decisione del 22 febbraio 2012, con la quale è stata respinta l’istanza per il giudizio di appello.

Il caso origina da fatti balzati agli onori della cronaca internazionale nei mesi passati, legati alle azioni dei movimenti di protesta che negli ultimi anni stanno emergendo negli Stati un tempo definiti di “democrazia stabilizzata”, quale evoluzione dei movimenti antiglobalizzazione e  conseguenza della crisi economico-finanziaria che a partire dal 2007 ha colpito i Paesi occidentali. Il riferimento è ai movimenti di “occupazione” pacifica che, sulla scorta del primo e più famoso, il movimento Occupy Wall Street, si sono rapidamente diffusi in tutto il mondo: il caso in esame riguarda l’occupazione dello spazio antistante la Cattedrale di St. Paul di Londra da parte del movimento Occupy London Stock Exchange (noto anche nella forma abbreviata Occupy LSX o Occupy London), di cui Tammy Samade, citata quale prima convenuta nel caso in esame, è una dei principali esponenti.

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