Eirikur Bergmann, Neo-Nationalism. The rise of nativist populism, Palgrave Macmillan, Cham, 2020, pp. 235

di Claudia Annovi

Benché il populismo sia stato, nel corso degli ultimi decenni, una delle tematiche più affrontate e discusse dalla sociologia politica, comprenderne la natura e le sfumature che esso assume nel corso del tempo risulta una sfida continua per ricercatori e accademici. Con il termine populismo si sono indicate esperienze politiche molto differenti tra di loro, spesso appartenenti ad orientamenti politici opposti, ad area geografiche distanti e a contesti culturali profondamente diversi: come “populisti”, ad esempio, sono stati descritti presidenti di sinistra in America Latina, partiti d’estrema destra in Europa, nonché aspiranti candidati statunitensi di diverso colore politico. Ricercare, quindi, quel leitmotiv che unisce le diverse esperienze populiste neo-nazionaliste che continuano a sorgere in diversi continenti può risultare complesso, rischiando di raccogliere sotto una stessa etichetta fenomeni profondamente differenti. Nell’impresa di esplorare in maniera approfondita le nuove forme di populismo neo-nazionalista è riuscito Eirikur Bergmann, professore di Politica alla Bifrost University in Islanda, nel suo Neo-Nationalism. The rise of nativist populism, pubblicato nel 2020.

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