Il pacchetto dell’Unione europea per ‹‹migliorare la gestione dei flussi migratori›› e la fragilità delle politiche comunitarie

di Mariaflavia Casatelli

Lo scorso 24 maggio, la Commissaria europea per gli Affari Interni Cecilia Malmstrom ha presentato alla stampa un pacchetto di proposte sul tema dell’immigrazione COM/2011/248, che verranno esaminate il prossimo 9 giugno dal Consiglio Giustizia e Affari Interni.

La comunicazione di Bruxelles racchiude alcune misure atte a gestire il fenomeno migratorio soprattutto a fronte delle recenti agitazioni politiche del mondo arabo e delle conseguenze che queste hanno prodotto proprio nel campo della migrazione e dell’asilo. In particolare, l’Unione sarebbe pronta a creare una politica comune d’asilo entro il 2012, a rafforzare il controllo alle frontiere esterne attraverso il potenziamento di Frontex, a modificare il regolamento dei visti CE n. 539/2001 del Consiglio con l’introduzione di una clausola di salvaguardia che dovrebbe consentire la reintroduzione dell’uso dei visti ‹‹in caso di improvvisi aumenti di flussi migratori››, ad avviare un partenariato con i paesi del mediterraneo meridionale, affinchè siano adottate tutte le misure necessarie per prevenire l’immigrazione irregolare e consentire il rientro dei cittadini che non hanno titolo per rimanere in Europa. Sostanzialmente, l’UE si impegna da un lato a garantire assistenza a tutti i cittadini stranieri che ne hanno bisogno attraverso la protezione umanitaria e l’asilo, dall’altro a controllare le frontiere per impedire l’ingresso selvaggio dei migranti economici.
Nella introduzione alla Comunicazione comunitaria si legge che ‹‹lo sviluppo della politica di migrazione dell’UE continua ad essere ostacolato da sfide notevoli. La vulnerabilità di alcune parti delle frontiere esterne dell’Unione, specialmente nel Mediterraneo meridionale e al confine terrestre tra Grecia e Turchia, ne è un chiaro esempio››. Il contesto geopolitico attuale e le questioni emergenziali degli ultimi mesi costituiscono sicuramente un limite all’evoluzione positiva di tali politiche. Gli esodi massicci provenienti dai Paesi nordafricani hanno infatti esposto l’Europa e, soprattutto alcuni suoi paesi tra cui il nostro, a sforzi abbastanza gravosi soprattutto in termini di accoglienza. Ma i riflessi della primavera araba sul vecchio continente inducono anche ad un momento di riflessione sulle previsioni normative sovranazionali. La dimensione europea del fenomeno migratorio è abbastanza recente; probabilmente anche per tale ragione è ancora relativamente fragile: si consideri che, come noto, solamente con l’Atto unico europeo del 1986  vi si è dato rilievo e che nei periodi antecedenti, l’Europa non aveva avvertito l’esigenza di porre in essere politiche migratorie comuni, in quanto l’immigrazione era ancora in una fase sostanzialmente embrionale, lontana da esigenze che necessitavano una sua tutela in senso comunitario.

Si tralasciano in questa sede le tappe fondamentali che hanno contraddistinto la politica dell’Unione nella materia dell’immigrazione e che hanno quindi contribuito all’evoluzione del diritto europeo dell’immigrazione, per soffermarsi sugli interventi più recenti, che costituiscono il background su cui si innestano i tentativi di revisione.

Le ambizioni di una politica comune in materia di immigrazione sono recentemente riemerse nella Comunicazione 2008/359 avente ad oggetto ‹‹Una politica d’immigrazione comune per l’Europa: principi, azioni e strumenti››. Tale comunicazione era improntata su tre aspetti fondamentali, quali la prosperità, la solidarietà e la sicurezza. In merito alla prosperità, l’Unione avrebbe dovuto muoversi tenendo in considerazione il contributo che l’immigrazione porta allo sviluppo sociale ed economico dell’intera Europa, predisponendo, perciò, delle misure e delle regole certe, chiare e non discriminatorie, anche attraverso degli interventi di assistenza e sostegno direttamente nei paesi di origine degli immigrati, in linea con il Trattato di Lisbona. Il principio di solidarietà si fonderebbe invece su di un coordinamento tra gli Stati membri e la cooperazione con i Paesi terzi, al fine di combattere l’immigrazione clandestina, attraverso forme di partenariato realizzabili con accordi anche bilaterali. L’ultimo punto, la sicurezza, non poteva non essere agganciata a forme di controllo delle frontiere, come strumento per la lotta alla immigrazione illegale, accompagnata da una seria e comune politica dei visi di ingresso.

Tra le più attuali iniziative comunitarie a sostegno di quella politica comune in materia di immigrazione ed asilo, è da annoverare la proposta francese di un Patto europeo sull’immigrazione ed asilo, divenuta realtà nel 2008, con la sua adozione da parte del Consiglio europeo. Definito da Brice Hortefeux (Presidente del Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’Unione europea per le questioni in materia di asilo e immigrazione) come ‹‹il giusto compromesso di cui l’Europa ha bisogno››, il Patto rifiuta ‹‹ogni approccio estremo, di chiusura totale o di apertura senza limiti››, in vista di una strategia comune nella disciplina delle questioni dell’immigrazione e dell’asilo che non abbandona quella logica binaria tra integrazione e lotta alla clandestinità, da sempre elemento caratterizzante le politiche migratorie europee.

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