Il problema delle “ronde” civiche nel quadro della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni

di Diana Tasini

La prima concreta applicazione della Legge n. 94 del 15 luglio 2009 concernente Disposizioni in materia di sicurezza pubblica si è avuta con l’emanazione del Decreto Ministeriale dell’8 agosto 2009, con il quale il Ministro dell’Interno ha fissato, fra l’altro, gli ambiti operativi delle «associazioni di volontari per il presidio sul territorio», note ai più con il nome di “ronde”.

In base all’art. 3 comma 40, della citata L. n. 94/09 le c.d. ronde sono associazioni tra cittadini non armati con il compito di segnalare alle forze dell’ordine eventi che possano «arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale». Nel successivo comma 41 viene, inoltre, specificato che tali associazioni debbono essere iscritte in un particolare elenco redatto dal Prefetto e, previa verifica da parte di quest’ultimo (e del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica), devono possedere taluni particolari requisiti per la specifica dei quali il comma 43 rimanda ad apposita regolamentazione del Ministro dell’Interno. Il Prefetto, competente per territorio, deve procedere annualmente alla revisione dell’elenco per verificare il permanere delle caratteristiche delle associazioni e degli appartenenti alle stesse.

 
I requisiti per l’iscrizione negli elenchi, come previsto dal citato decreto dell’8 agosto 2009, sono molto specifici e opportunamente, restrittivi tanto da aver paradossalmente sfavorito l’effettiva diffusione delle “ronde” sul territorio nazionale. Oltre ad essere finalizzate alla «solidarietà sociale», si legge nell’art. 1, comma 2, le ronde devono svolgere la propria attività gratuitamente e senza fini di lucro anche indiretto, non essere riconducibili a partiti, movimenti politici, organizzazioni sindacali o tifoserie organizzate, né a gruppi o associazioni che incitino a discriminazione razziale, etnica o religiosa; non devono ricevere risorse economiche né altri finanziamenti provenienti dalle categorie suddette. Anche per quanto riguarda i singoli volontari vi sono poi specifici requisiti contenuti nell’art. 5, commi 1 e 2: devono essere maggiorenni, possedere una buona salute psicofisica, non aver riportato condanne penali, non essere  stati sottoposti a misure di prevenzione, non far parte di movimenti, associazioni o gruppi organizzati con finalità discriminatorie, e possedere adeguata copertura assicurativa. Inoltre, devono aver superato il corso di formazione come osservatore volontario indetto dalle Regioni e dagli Enti locali. Il suddetto comma 43 della Legge n. 94/2009 rimanda al Decreto Ministeriale anche per quel che riguarda le attività delle “ronde” e le loro modalità di svolgimento.

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