di Valentina Fiorillo
Il 5 aprile 2011 la Corte Edu ha condannato l’Italia per l’espulsione verso la Tunisia di Ali Ben Sassi Toumi, un cittadino tunisino condannato per il reato di cui all’art 270-bis c.p. “Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”.
Nel caso Toumi c. Italia i giudici di Strasburgo hanno accertato una (ennesima) violazione da parte delle autorità italiane degli articoli 3 e 34 della Convenzione ovvero le disposizioni che stabiliscono rispettivamente la proibizione della tortura e il diritto al ricorso individuale davanti la Corte e le annesse garanzie procedurali.
Relativamente all’art. 3, la Corte Edu ha ritenuto che la deportazione di Ali Ben Sassi Toumi verso la Tunisia lo avesse esposto al rischio – poi rivelatosi fondato – di subire torture e trattamenti inumani e degradanti, configurando così una violazione dei diritti tutelati dalla Convenzione. Nel giustificare i suoi dubbi circa la sorte che Toumi avrebbe incontrato in Tunisia – ove peraltro egli era stato condannato in contumacia per il reato di truffa – i giudici richiamano le fonti di informazione e le loro stesse conclusioni nelle sentenze Saadi c. Italia (Grande Camera, 28 febbraio 2008, ricorso n. 37201/06) e Ben Khemais c. Italia (29 febbraio 2009 ric. n. 246/07). In quelle occasioni, la Corte si era a lungo soffermata sui rapporti di Croce rossa internazionale, Amnesty International e Human Rights Watch che rivelavano pratiche di tortura applicate dalle forze di sicurezza tunisine nei confronti dei detenuti.
In riferimento all’art. 34, che prevede la possibilità del ricorso individuale occorre precisare che la Corte si è dotata di una disposizione (Rule n. 39) nel suo regolamento, secondo cui può adottare, d’ufficio o su richiesta, delle misure ad interim a tutela delle parti coinvolte. Nel caso di Ali Toumi la Corte Edu condanna l’Italia per non aver rispettato la misura provvisoria da essa stabilita ovvero il mantenimento dello status quo e la conseguente sospensione dell’espulsione (parr. 72-76).
A prescindere dai soli due precedenti riferiti all’Italia che la Corte cita esplicitamente, è possibile rinvenire almeno altri due casi pressoché identici a quello di Ali Toumi: Cherif e al. c. Italia (7 aprile 2009 ric. n. 1860/07) e Trabelsi c. Italia (13 aprile 2010, n. 50163/08). Saadi, Ben Khemais, Cherif, Trabelsi e Toumi sono tutte decisioni pressoché sovrapponibili sia per i parametri di riferimento della Convenzione (artt. 3 e 34) che per il ragionamento effettuato dai giudici. Le similitudini non finiscono qui, dal momento che tutti e cinque i casi si riferiscono a cittadini tunisini sottoposti a misure di espulsione amministrativa verso la Tunisia in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 3 del cd. “decreto Pisanu” (dl. 27 luglio 2005, n. 144 conv. con Legge 31 luglio 2005, n. 155 recante misure anti-terrorismo). Tale disposizione prevede che il Ministro dell’Interno o, su delega di quest’ultimo, il Prefetto possa adottare un decreto di espulsione nei confronti di uno straniero che si teme possa agevolare azioni terroristiche.