Dall’ordine pubblico alla sicurezza: una prospettiva di teoria costituzionale

di Omar Caramaschi

L’espressione «ordine pubblico» è presente già a partire dalla legislazione del Regno d’Italia, in particolare in due atti normativi rilevanti quali il codice civile del 1865 (art. 12 disp. prel. e art. 1122) e la legge di pubblica sicurezza (l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. B, in gran parte replicante la l. 13 novembre 1859, n. 3720, del Regno di Sardegna). Nel primo caso le «leggi riguardanti in qualsiasi modo l’ordine pubblico ed il buon costume» hanno l’effetto di impedire che «le leggi, gli atti e le sentenze di un paese straniero, e le private disposizioni e convenzioni» abbiano effetto nell’ordinamento italiano se da esse difformi (art. 12 disp. prel.), mentre nella legge di pubblica sicurezza l’ordine pubblico viene individuato come uno degli interessi pubblici in grado di rendere legittimi particolari interventi dell’autorità di pubblica sicurezza, quali ad esempio lo scioglimento delle riunioni ovvero la cessazione di spettacoli e rappresentazioni. Già da questi due atti normativi emerge una diversità di significato da attribuirsi all’espressione «ordine pubblico»: se infatti il codice civile presenta un significato di ordine pubblico da intendersi come limitativo dell’efficacia di atti giuridici esterni o della autonomia negoziale privata, in tal modo incidendo sul «piano del possibile giuridico», diversamente l’ordine pubblico come disciplinato dalla legge di pubblica sicurezza opera sulla «sfera del lecito giuridico», dal momento che costituisce un limite allo svolgimento di un’attività materiale, senza che ciò sia produttivo di nuovo diritto.


Abstract

This paper deals with the general theoretical framework of the concepts of public order and public security, with regard to their evolution of legislation, especially in the light of the provisions of the 1948 Constitution. The constitutional “dimension” of public security is thus emphasized, mainly in reference to its doctrinal and jurisprudential evolution, from which emerges the most recent question – reappeared because of the security policies of recent years – about the possibility of identifying a “right to security” or, more properly, a “security of rights”.

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