Alessio Rauti, La decisione sulla cittadinanza. Tra rappresentanza politica e fini costituzionali, Editoriale Scientifica, Napoli, 2020

di Gabriele Maestri

Nella Costituzione il concetto astratto della «cittadinanza» ricorre solo due volte (artt. 22 e 117, comma 2, lett. i); più presente è la sua versione personificata dei «cittadini», evocata – oltre che nella rubrica della Parte I («Diritti e doveri dei cittadini») – negli artt. 3 (commi 1 e 2), 4, 16, 17, 18, 26, 38, 48, 49, 50, 51, 52, 54, 59, 75, 84, 102, di nuovo 117 (comma 2, lett. a), 118, 135 e nella XVIII disp. trans. fin. 

Tale scelta lessicale potrebbe indicare un’attenzione maggiore alle situazioni giuridiche soggettive legate alla cittadinanza rispetto a quella prestata ai “confini” della cittadinanza stessa: come se le persone elette all’Assemblea costituente avessero dato per scontato il significato del concetto o, all’opposto, avessero preferito lasciare al legislatore il compito di definire le condizioni alla base dell’acquisto o della perdita dello status civitatis (al di là del limite ex art. 22 Cost., per cui la privazione della cittadinanza non può derivare da motivi politici).

Il Parlamento non pare però del tutto libero nel dettare le norme su come si acquisisce o si perde la cittadinanza: la Costituzione, anche implicitamente, offrirebbe prescrizioni vincolanti, non superabili neanche forse con la revisione costituzionale. È la tesi che Alessio Rauti, docente di diritto pubblico e costituzionale all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, propone nella nuova monografia La decisione sulla cittadinanza. Tra rappresentanza politica e fini costituzionali (Editoriale Scientifica).

Leggi l’articolo in Pdf

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.