di Salvatore Bonfiglio
In Italia, dopo la riforma del titolo V della Costituzione varata nel 2001, la materia dell’«ordine pubblico e sicurezza» rimane nelle prerogative esclusive statali (legislative ed amministrative), costituendo un ‘settore riservato’ allo Stato. Si intende giustificare questo monopolio statale, perché l’autorità di pubblica sicurezza, in armonia e attuazione della Costituzione repubblicana, esercita le proprie funzioni, secondo quanto stabilito dalla legge 1 aprile 1981, n. 121, «al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini sollecitandone la collaborazione. Essa tutela l’esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini, vigila sull’osservanza delle leggi, dei regolamenti e dei provvedimenti della pubblica autorità; tutela l’ordine e la sicurezza pubblica, provvede alla prevenzione e repressione dei reati, presta soccorso in caso di calamità ed infortuni» (ex art. 24).
Nel nuovo assetto costituzionale, però, il riconoscimento delle prerogative esclusive statali in materia di «ordine pubblico e sicurezza» non esclude affatto l’importanza di stabilire per legge statale forme di coordinamento tra centro e periferia; anzi, se pur in passato si sono avute forme di collaborazione, oggi è la stessa Costituzione, all’art. 118 comma 3, a prevederne la necessità. In effetti, anche prima della riforma del titolo V della Costituzione, già a partire dai primi anni Ottanta, inizia una collaborazione “operativa” tra polizia locale e forze di polizia statali e si prevede una collaborazione “strutturale” attraverso l’integrazione del Comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza con i rappresentanti degli enti locali (artt. 15 e 20 della legge 121 del 1981).