La sicurezza tra prevenzione strutturale e prevenzione situazionale: il caso degli enti locali del Lazio

di Fabrizio Battistelli

Nella riconosciuta centralità della prevenzione al fine del conseguimento della sicurezza urbana in atto oggi nel nostro Paese, una parte di primo piano è rivestita dagli enti territoriali e locali. Mentre le Regioni consolidano il proprio ruolo di indirizzo, ai Comuni vengono conferiti crescenti competenze nella regolazione e nella gestione delle problematiche locali (Pajno, 2010).

A partire dai bandi emanati dalla Regione Lazio in sostegno dei Comuni, proponiamo in queste note un bilancio sociologico delle politiche di sicurezza urbana realizzate in questo ambito territoriale. Oltre ad annoverare, come tutte le Regioni, Comuni di varie dimensioni, il Lazio comprende anche le articolazioni interne di un grande Comune metropolitano, cioè i Municipi di Roma. Allo scopo di “leggere” efficacemente le scelte dei Comuni laziali e dei Municipi romani, è utile premettere una schematizzazione teorica dedicata alle differenti forme di prevenzione che gli enti locali possono decidere di adottare in tema di sicurezza.

In un contesto sociale – che l’Italia odierna condivide con molti altri paesi europei – di diffusa percezione di insicurezza e di allarme indotto da più parti nei confronti delle manifestazioni di devianza (ma anche nei confronti della semplice “diversità” sociale) (Battistelli, 2008), gli Enti territoriali e locali sono chiamati a intervenire in prima persona. In adempimento alle previsioni costituzionali e legislative vigenti, essi lasciano ai poteri centrali il mantenimento dell’ordine pubblico e il contrasto dell’illegalità (cui pure forniscono un contributo mediante la funzione deterrente delle polizie locali), dedicandosi principalmente alla prevenzione. Ci focalizzeremo quindi su tale funzione, operando al suo interno alcune distinzioni.

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