I riots di Londra oltre la cronaca: alcuni riferimenti normativi

di Valentina Fiorillo

Nei primi giorni di agosto 2011 Londra e altre importanti città del Regno Unito sono state interessate da una violenta e grave rivolta. Si è trattato di circa una settimana di vera e propria guerriglia urbana che ha coinvolto le forze dell’ordine e migliaia di giovani provenienti dai quartieri più disagiati e poveri della città.

Gli scontri –  che nella dinamica e per il contesto sociale in cui sono scoppiati ricordano da vicino sia la rivolta del quartiere Watts di Los Angeles nel 1992 che quella delle Banlieues parigine del 2005 –  hanno avuto come causa scatenante l’uccisione da parte delle forze di polizia di un giovane di colore, Mark Duggan, nel corso di un inseguimento.

Nel corso degli scontri sono stati dispiegati più di 16 mila poliziotti, oltre 1900 giovani sono stati arrestati, mentre le compagnie assicurative nazionali hanno stimato danni ai privati per oltre 100 milioni di sterline.

Per quanto rilevanti ai fini di un’analisi più approfondita, né l’eziologia né le valutazioni di carattere sociologico dei disordini londinesi formano oggetto di questa breve nota. Ci si limiterà qui a richiamare la principale legislazione vigente in materia di ordine pubblico e sicurezza, nonché alcune delle principali misure che sono state adottate nei giorni dei riots metropolitani, partendo proprio dalla definizione di quest’ultimo termine.

Il Public Order Act del 1986 (POA – Sezione 1) definisce «riot» il reato che «dodici o più persone collettivamente e contestualmente minacciano o impiegano violenza illegale con uno scopo comune e in maniera tale da ingenerare un senso di forte insicurezza per la propria incolumità personale nei presenti». Come si può facilmente notare, la configurazione del reato avviene sia attraverso un elemento oggettivo (definizione numerica ovvero 12 o più persone) che uno soggettivo o psicologico (la percezione della paura per la propria incolumità personale da parte del cittadino “medio”). L’elemento oggettivo in particolare differenzia il reato di riot – che la legge persegue con una pena massima di dieci anni di detenzione – sia da quello di violent disorder (è configurabile da tre o più persone cfr. sez. 2 del POA) che dall’affray (un reato commesso da un solo individuo, cfr. sez. 3 del POA).

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