di Gabriele Maestri
L’avvento della (tanto inattesa quanto indesiderata) “era Covid-19” non ha fatto sparire dai media le notizie relative ai migranti nel Mediterraneo, ai loro sbarchi, ai soccorsi in mare e – purtroppo – ai naufragi, al bilancio delle vittime che si aggrava. Per quanto i flussi (di cui i mezzi di comunicazione mostrano soprattutto le ultime parti, soffermandosi meno sulle partenze) negli ultimi anni si siano ridotti rispetto al passato, questi continuano a “incarnare” «uno dei paradossi più evidenti del diritto costituzionale attuale», cioè l’assenza di strumenti che permettano alla persona straniera che nel suo Paese si veda impedito «l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione» di raggiungere regolarmente e senza rischi per la propria vita il territorio del nostro Stato per chiedere il diritto d’asilo ex art. 10, comma 3 Cost.; una strada, quella dell’asilo, cui aspirano però anche coloro che cercano orizzonti economici meno disagevoli, più che la fuga dalla negazione delle libertà.
Questa riflessione anima la recente monografia di Cecilia Siccardi I diritti costituzionali dei migranti in viaggio. Sulle rotte del Mediterraneo, pubblicata da Editoriale Scientifica. L’autrice, docente a contratto di diritto antidiscriminatorio all’Università degli Studi di Milano, ha esaminato le varie tappe del viaggio dei migranti – dal momento in cui lasciano i loro Paesi di origine a quello in cui potrebbero ottenere la protezione richiesta – dal punto di vista del diritto costituzionale (affiancandolo a quelli del diritto internazionale e dell’Unione europea) per individuare i profili in grado di arricchire il quadro di garanzie a favore di chi sceglie di mettersi in gioco e a rischio, prendendo il mare in condizioni di fortuna.